Una teatroterapia senza psicodramma è possibile?

Al giorno d’oggi quando si parla di relazione tra teatro e psicologia, la prima cosa che viene in mente è l’uso dello psicodramma. Ma che cos’è lo psicodramma?

Lo Psicodramma è un metodo psicoterapeutico che appartiene all’ambito delle terapie di gruppo, ideato da Jacob Levi Moreno nel 1921. Esso ricorre al gioco drammatico libero, e mira a sviluppare attivamente la spontaneità dei soggetti. L’essenza di questa terapia consiste nell’esteriorizzazione rappresentativa dei vissuti personali, mediante le improvvisazioni sceniche fino alla catarsi, e la loro analisi, operata da uno psicoterapeuta, “direttore del gioco” (fonte: wikipedia). 

Questo metodo nel corso dell’ultimo secolo ha avuto varie evoluzioni e ancora oggi risulta essere un metodo di lavoro molto interessante per quel che riguarda la psicoterapia di gruppo. Ci sono pochi strumenti che, come lo psicodramma, permettono di ripercorrere vissuti personali e lavorarci sopra da diversi punti di vista. Questo metodo è fortemente consigliato sia per chi ama esporsi sia per chi vuole imparare a farlo. Il lavoro con lo psicodramma è molto delicato e spesso richiede grande forza d’animo per affrontare vissuti sofferenti o traumatici. Se condotto bene, a ogni modo, questa fatica viene ripagato con una diminuzione della sofferenza del soggetto che si espone a questo tipo di terapia.

Sicuramente lo psicodramma risulta essere un metodo di lavoro molto efficace, ma i rapporti tra teatro e psicologia non si esauriscono con questa potente tecnica di lavoro. Spesso le persone che si approcciano alla psicologia temono che l’unica via per stare meglio e curare un disagio psicologico, sia quella di scavare affondo nel proprio passato e tirare fuori i vissuti più sofferenti che questo evoca. Sicuramente questo è un lavoro profondo che in alcuni casi risulta indispensabile, ma non è l’unico modo di migliorare lo stato di benessere individuale. 

Esiste, infatti, una vasta letteratura che dimostra come, spesso, un lavoro sulla propria consapevolezza corporea possa aiutare a stare bene con se stessi.  Parlando di teatro e psicologia, ad esempio, Il metodo Feldenkrais risulta essere un interessante modo di lavorare su se stessi e sul proprio corpo. Il metodo Feldenkrais è un metodo di autoeducazione attraverso il movimento, che prende il nome dallo scienziato israeliano che lo ideò: Moshé Feldenkrais(1909-1984). Si basa essenzialmente sul prendere consapevolezza dei propri movimenti e dei propri schemi motori e quindi, attraverso il movimento, di espandere la consapevolezza di sé nell’ambiente. È composto da sequenze di semplici movimenti che coinvolgono ogni parte del corpo, dall’ascolto profondo delle sensazioni che essi suscitano, dallo sviluppo di nuovi modi di muoversi, atteggiarsi e percepirsi.

Altre suggestioni ci derivano dai lavori che si basano sulla consapevolezza del momento presente tramite l’uso guidato della meditazione (Mindfulness based Therapy). L’osservazione dall’interno del nostro modo di agire sul mondo nel momento presente e il tentativo di assumere un assetto non giudicante verso questo nostro modo, sono tutti spunti di riflessione che queste pratiche possono darci. 

L’uso di queste modalità di lavoro nel teatro sembra complesso ma in realtà è più semplice di quel che si possa credere. Provate, ad esempio, a camminare per strada con lo sguardo rivolto verso il basso per una decina di minuti, e poi provate a rivolgerlo verso l’alto oppure dritto davanti a voi. Osservate se ci sono delle differenze. A volte, presi dalle nostre vite frenetiche, facciamo fatica a ragionare su quei piccoli gesti quotidiani che ci fanno stare bene o male. Un lavoro su questo tipo di consapevolezza, è possibile farlo in un contesto che abbracci il teatro e la psicologia.

Infine, è giusto ricordare come esistano delle tecniche simili allo psicodramma ma che contrariamente a questo, lavorano su scene inventate o comunque meno attivanti dal punto dei vissuti personali. Il role playing, ad esempio è uno strumento psicoterapico utilizzato di solito in gruppo per insegnare al paziente a potenziare abilità sociali che risultino carenti o del tutto assenti nel repertorio del suo comportamento interpersonale. Con questo strumento si possono modificare o formare atteggiamenti o capacità relazionali come per esempio. L’assertività. A tal fine viene realizzata una simulazione recitativa durante la quale il paziente verrà aiutato ad assumere un ruolo tale che gli consentirà di affrontare la difficoltà posta dalla situazione problematica lamentata, mettendo in atto i comportamenti comunicativi adeguati alla situazione simulata. Questo tipo di tecnica permette ai soggetti di sperimentare nuovi modi di essere restando all’interno di un contesto protetto. Pensiamo, ad esempio, a chi evita i conflitti per paura delle conseguenze. In un contesto di tipo teatrale gli potrà sperimentare alcuni modi per far valere i propri diritti. 

L’uso di tutte queste tecniche non vuole in alcun modo dimostrare che lo psicodramma sia poco utile. Lo psicodramma rimane un grande strumento di lavoro e a volte un lavo sul profondo è necessario. Tuttavia, non tutti hanno voglia di mettersi in gioco fino a questo punto. Spesso questa paura non permette alle persone di avvicinarsi al mondo della psicologia e della psicoterapia. Un lavoro che usi l’espressività corporea e il role playing, può essere un interessante metodo di conoscere se stessi e modificare alcuni atteggiamenti, in modo divertente e il più possibile leggero.